Una vita a impatto quasi zero

Linda Maggiori, educatrice, scrittrice, blogger vive con la sua famiglia a Faenza cercando di avere il minor impatto possibile sul pianeta. Fra i suoi libri “Vivo senz’auto” e “Impatto Zero. Vademecum per famiglie a rifiuti zero”. Una persona da ascoltare, soprattutto quando ci chiediamo come sia possibile ridurre la nostra impronta ecologica.

Ecoló: Ciao Linda, grazie per aver accettato di rispondere alle nostre domande. Abbiamo letto in giro nella rete che la tua famiglia vive a impatto zero, è vero? Cosa significa esattamente questa affermazione?

Linda Maggiori: Quasi zero! Vuol dire che cerchiamo di ridurre il nostro “peso carbonico” sull’ambiente, con tante piccole azioni quotidiane: riduciamo i nostri consumi, e quindi i rifiuti, compriamo quasi unicamente sfuso e alla spina, autoproduciamo, compriamo locale e bio, riduciamo carne e latticini (io sono vegana, mio marito vegetariano, i bambini mangiano talvolta carne dai nonni). Da 10 anni ormai non abbiamo auto privata e ci muoviamo prevalentemente con bici, piedi, e mezzi pubblici. Abbiamo da poco ristrutturato un vecchio appartamento in condominio, rendendolo carbon free, tutto elettrico,  portandolo da classe G a classe A3…insomma, proviamo a fare la nostra parte!

Ecoló: Immaginiamo che, partendo dal modello di vita e di consumo al quale siamo abituati, si tratti di un percorso lungo, come è iniziato?

LM: Da un incidente che mise a rischio la nostra vita e quella dei nostri bambini. Eravamo in auto, guidavo io, pioveva, un’auto sbandò e ci venne contro, scontro frontale. Per un attimo pensai che era tutto finito. Lo schianto, le lamiere contorte, il silenzio spettrale. Quando sentii piangere i bambini e capii che non erano morti,  la vita riprese a scorrere. Da quell’incidente non solo siamo sopravvissuti ma rinati. Abbiamo deciso che non avremmo ricomprato l’auto. Che avremmo provato a fare senza. Da lì, da quel momento, quella prima grande privazione è diventata la nostra forza, la nostra missione e battaglia. Abbiamo creato la rete delle famiglie senz’auto, abbiamo approfondito i danni della motorizzazione privata, partecipato a lotte e petizioni e manifestazioni. Abbiamo testimoniato, siamo stati intervistati…poi abbiamo volto il nostro sguardo verso ogni aspetto della nostra vita, dai rifiuti all’alimentazione, all’energia, cambiando poco alla volta, mettendoci alla prova, passo dopo passo, con entusiasmo, ironia e voglia di mettersi in gioco. Un tempo io e mio marito non sapevamo che strada percorrere, eravamo un po’ allo sbando. La lotta per un mondo migliore è ora la nostra strada, e ci ha fatto crescere anche come coppia. 

Linda con il suo libro “Vibo senza auto”

Ecoló: C’è stata quale rinuncia particolarmente faticosa o ci sono stati momenti di scoraggiamento?

LM: Sicuramente tanti momenti di fatica, così come in ogni lotta e come in ogni salita. Cambiare il mondo dal basso, marciare controcorrente, non è una cosa semplice. La cosa più brutta è stato il senso di isolamento e di incomprensione, che abbiamo vissuto per tanto tempo, soprattutto qui nella nostra cittadina. Essere additati come estremisti, solo perché volevamo cose che altrove sono la norma (ad esempio chiudere al traffico selvaggio una stradina davanti alla scuola). La cosa più brutta è quando scopri che quelli che credevi amici non ti difendono, e si vergognano di te, e hanno paura di starti troppo vicino, perché temono di essere additati a loro volta estremisti. Questi sono stati momenti durissimi e credo che ce ne saranno altri. Ma ormai abbiamo le spalle abbastanza larghe per sopportarli, abbiamo inoltre creato un bel gruppo di attivisti e stretto vero amicizie. Inoltre sappiamo che tanti come noi vivono lo stesso ostracismo in altre zone d’Italia. Un’altra cosa pratica che ci dispiace, è il fatto che molti luoghi turistici montani non siano raggiungibili con navette e treni. E quindi spesso dobbiamo rinunciarci. Non è giusto! Quando vediamo foto di luoghi meravigliosi, come le colline di Castelluccio di Norcia, invase da colonne di automobilisti in cerca di selfie, mi viene rabbia  e sconforto. La natura dovrebbe essere raggiunta solo a piedi bici o mezzi pubblici. Da noi invece è il contrario. Chi ha l’auto può andare ovunque, e chi non ha l’auto deve rinunciare a molte mete (almeno qui in Italia).

Ecoló: C’è qualcosa che vorreste eliminare dalla vostra vita ma non riuscite ancora a farlo?

LM: Tanti piccoli miglioramenti sono necessari, vorrei comprare molto meno formaggio, (di cui però i miei figli vanno pazzi), fare un orto migliore, scoprire più ricette…. Infine, vorrei usare meno il cellulare, ma è davvero molto molto difficile.

Ecoló: La crisi sanitaria di questi mesi ha messo a nudo tante fragilità della nostra organizzazione economica e sociale, le tue scelte di vita sono state più difficili durante il lockdown?

LM: In parte si e in parte no. E’ stato faticoso (impossibile direi) tenere i bambini in casa in modo forzato, in condominio, visto che ho sempre abituato i miei bambini a star molto fuori. In realtà uscivano e giocavano coi bambini del condominio nel cortile di sotto, ma lo spazio era poco e sempre qualche vicino anziano brontolava. Siamo stati anche multati per aver messo piede nel parco a fianco casa. Io credo che ci sia stata un’esagerazione delle norme ristrettive, soprattutto contro i bambini, che all’estero non ho notato (molti figli dei miei amici tedeschi o svizzeri potevano uscire a giocare senza essere multati nei parchi). Io credo che questa esagerazione sia  legata alla nostra cultura italiana. Una cultura che da decenni considera i bambini degli “intralci”, da togliere dalle strade, dalle città, e chiudere in luoghi “protetti”. Una cultura che si è esacerbata con l’emergenza. Una cultura lontana dall’oudoor education. Abbiamo paura dell’aria, del freddo, del sole, della pioggia…Abbiamo paranoie igieniche ma non ci interessiamo dell’inquinamento che provoca una pulizia eccessiva. Durante il lockdown sentivo la mia vicina vantarsi perché puliva ogni giorno con litri di candeggina…Altro problema del lockdown: gli orti urbani e i mercatini bio e locali erano chiusi e così dovevo recarmi al supermercato. Ma poi col Gas ci siamo organizzati con consegne a domicilio e il fatto di fare molta autoproduzione ci ha sicuramente aiutato!

Ecoló: Alcuni dicono che la singola azione che può diminuire l’impatto ambientale di una famiglia è non fare figli. A voi, che avete quattro figli, sarà capitato di dover rispondere a chi ti chiedeva se non ti sentivate in contraddizione con il vostro essere ecologisti. Come rispondi a questa domanda?

Moltissime volte ci sollevano questa critica. In parte è vero, ammettiamo che a rigor di logica avremmo dovuto fare meno figli, ma come si sa, certe cose non sempre sono totalmente razionali 😉 In fondo poi, è un dilemma abbastanza ipocrita, soprattutto nei paesi ricchi. In Italia e in quasi tutti i paesi occidentali il tasso di natalità è sotto zero, eppure sono paesi che inquinano moltissimo. Ciò vuol dire che le emissioni dell’occidente non sono causate dalla sovrappopolazione (si fanno pochissimi bambini), ma dagli stili di vita esagerati. Come spiega bene Carola Rackete, ≪Il vero problema è il massiccio sfruttamento delle risorse, e non perché ci sono troppe persone sulla Terra ma perché una minima parte di loro ne utilizza troppe.” Pensiamo che ci sono più animali di allevamento che esseri umani, e per lo più destinati agli abitanti del Nord del mondo, che soffrono di malattie dovute a iperalimentazione.  Le Nazioni Unite stimano che la popolazione mondiale toccherà i 9,8 miliardi nel 2050 per poi iniziare naturalmente a scendere. La terra avrà cibo per tutti, ma non potrà sfamarci se continueremo a mangiare carne a ritmi forsennati.

Con programmi di emancipazione, salute e istruzione per donne e bambini, aumentando i servizi sanitari, con l’estirpazione del fenomeno dei matrimoni precoci e del lavoro minorile, si riuscirà a fermare la bomba demografica nei paesi poveri. Al contempo però, il modello occidentale, consumista ed energivoro non può essere un modello da seguire per chi esce dalla povertà.

La famiglia di Linda durante una gita sull’appennino con partenza (Ronta) e arrivo (Crespino del Lamone) raggiungibili in treno.

Ecoló: Vorremmo chiederti anche della tua esperienza di giornalista e scrittrice ecologista, come mai secondo te il pensiero ecologista fa così fatica ad affermarsi in Italia?

LM: L’Italia era un paese povero, è uscito dalla guerra con una gran voglia di riprendersi, e si è buttata a capofitto nelle braccia delle lobby delle auto, del cemento e delle strade, che hanno trasformato a loro immagine le città, tagliando per sempre mezzi pubblici, rotaie… I politici di destra e sinistra per decenni se ne sono strafregati dell’ambiente, della qualità urbana, pensando solo alla ripresa economica. La cultura ha fatto il resto. Una cultura estremamente familista,  che tende a privilegiare il privato al pubblico, gli interessi egoistici al bene comune, una cultura che esalta la superficialità e l’ostentazione ma non si preoccupa delle conseguenze profonde delle azioni, una cultura politica basata sempre sul do ut des, sullo scambio voto-favori, sul ricatto occupazionale, sul ricatto delle lobby. Per questo quei pochi sindaci coraggiosi dopo poco venivano fatti fuori (vedi Fazio Fabbrini a Siena). Una politica poco coraggiosa, sempre balbettante, che invece di educare al bene comune, seguiva gli interessi di pancia e il populismo. La fissa per l’igiene ha creato terreno fertile per il radicamento dell’usa e getta in plastica. La fobia dei luoghi aperti e degli agenti atmosferici, uniti a una martellante pubblicità della grande industria automobilistica, ha forgiato coscienze e abitudini, rendendo gli italiani schiavi delle auto, incapaci di fare pochi km a piedi. E sappiamo che le abitudini, una volta prese, sono dure a morire e modellano la mente e la percezione di ogni cosa. Per questo ora è tremendamente difficile parlare di ambiente, rispetto della natura, zone pedonali, riduzione di auto e rifiuti. Viene sentito come un attacco ad abitudini radicate, un attacco a vitali diritti e si invoca sempre la libertà “di vivere come ci pare”. Non si viene mai compresi, come ecologisti, si viene additati come sognatori (se va bene) estremisti talebani (se va male). Se si vuole essere votati, bisogna fare buon viso a cattivo gioco, mai dire troppo e mai essere schietti. Ci si scontra con una mentalità radicata da decenni, che vede il progresso come distruttore di natura e la natura come un luogo da dominare, da sfruttare e da cui scappare.

Ecoló: Infine tre domande sulla tua esperienza con i Verdi dell’Emilia Romagna, come mai hai deciso di dare il tuo contributo alle ultime elezioni regionali?

LM: Credevo fosse giusto, in un periodo di crisi ambientale e climatica, fare un passo in più rispetto al semplice attivismo, volevo mettermi in gioco nella politica, pensavo di poter cambiare qualcosa. Non mi piaceva l’alleanza con Bonaccini, ma tutti dicevano che era il meno peggio…e mi sono fidata.

Ecoló: Sei pentita? O è stata un’esperienza che rifaresti?

Molto pentita e non lo rifarei mai più. Ho vissuto mesi molto duri. Io sono sempre stata abituata a dire quel che penso, con rispetto, ma senza finzione. In campagna elettorale, non potevo dire la mia idea, non potevo fare critiche a Bonaccini sulle sue prese di posizioni antiecologiste (autostrade, aereoporti, trivelle), perché si era in coalizione e bisognava “andarci piano”. Ma io non sopportavo queste finzioni, questi finti sorrisi, queste passerelle e comizi, sono sempre stata attivista e certe cose le denunciavo lo stesso. I verdi locali mi hanno tolto la possibilità di scrivere sulla pagina FB locale, evitavano di condividere ogni mio pensiero, si sono persino rifiutati di attaccare  i manifesti col mio volto per una stupida gelosia….A parte alcuni gruppi locali fantastici (di Rimini, di Forlì), da parte del regionale, ho percepito molta freddezza verso i nuovi. In seguito ad un commento critico che scrissi su Bonaccini su FB, sono stata richiamata, mi hanno chiesto immediate scuse, altrimenti Bonaccini avrebbe annullato una conferenza stampa. Una situazione surreale. Io al telefono dovevo chiedere scusa a Bonaccini o lui avrebbe annullato una conferenza stampa (con gente che veniva dalla Francia apposta). E’ stato un mese molto faticoso e umiliante, mi sembrava di vivere un incubo, in cui volevo urlare ma non potevo. Eravamo tutti molto stanchi in famiglia.  Ho capito che fingere non è il mio mestiere e la politica (almeno come è intesa qui da noi) non fa per me. Mi sono ributtata a capofitto nell’attivismo, nella Fiab, in XR, strafelice della libertà ritrovata. Ho deciso di non far più parte di alcun partito, ma lottare con passione come attivista. Credo di essere molto più utile (e serena) così. Ho trovato gente meravigliosa nelle associazioni, e sono davvero felice.

Linda durante la campagna elettorale delle regionali 2020 in Emilia Romagna

Ecoló: Cosa pensi che manchi al movimento ecologista italiano per fare un salto di qualità ed assomigliare ai movimenti del nord Europa?

LM: Non sono una buona analista politica, né esperta dei Verdi Europei, però vi posso parlare della mia esperienza. Credo che qui in Italia manchi da una parte molto coraggio nei Verdi, (tentennano troppo, inoltre le alleanze fatte col PD sono  suicidi politici e di credibilità) e dall’altra parte, come già detto, manca molta sensibilità ambientale da parte della gente. I Verdi da quel che ho visto, mi pare che siano ancora troppo legati a logiche vecchie di partito, di calcoli e piccole gelosie. Devono assomigliare di più ad un’associazione, con meno gerarchia, più libertà, dare più spazio ai giovani, essere più coraggiosi.

Ecoló: Grazie del tuo tempo a presto!

Ecologia Mobilità sostenibile

Data di pubblicazione: 14 Settembre 2020

Autore: Redazione

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